lunedì 18 ottobre 2010

Il megafono/ 2: Si può dare di più (senza essere eroi)

di Mauro Andreoni
Nonostante la crisi politica conclamata ed esplosiva del centrodestra a guida berlusconiana, i cittadini-elettori italiani sembrano non essere particolarmente interessati ad una eventuale proposta politica alternativa costituita dal Partito Democratico.
Credo che tutti ci siamo accorti di questa situazione, parlando con gli amici, piuttosto che conversando con colleghi e conoscenti. Questa non sembra essere una peculiarità geografica limitata alla “Padania” in cui viviamo, visto che i sondaggi di opinione estendono questo fenomeno a tutto il territorio italiano.
Che cosa causa il rachitismo politico o se si vuole più semplicemente la mancata crescita del PD, visto che la situazione politica sembra essere quantomai favorevole?

Alcuni sostengono che il PD è troppo giovane e non ha ancora maturato una precisa identità che lo renda “appetibile” agli elettori.
Non sono d'accordo. Già Don Luigi Sturzo, quando fondò quello che io ritengo il primo partito italiano moderno nel 1919 (il Partito Popolare), capì che le formazioni politiche non potevano reggersi a lungo su mere ipotesi ideologiche ma solo sulla capacità di elaborare un robusto programma riformista basato (quello si!) su valori condivisi.
L'attuale PD come sappiamo nasce dalla convergenza di storie e tradizioni diverse che hanno come comune denominatore la ricerca della giustizia sociale, il riconoscimento di eguali condizioni di accesso alla dinamica sociale, il riconoscimento della solidarietà tra gli individui come pilastro portante della convivenza (assieme alla libertà individuale).
Ora, è del tutto evidente che un programma riformista che possa ambire a realizzare concretamente in Italia questi principi non possa essere men che rivoluzionario.
Si tratta in altre parole di rivoltare come un calzino il nostro sistema di protezione sociale (welfare state) rimodellandolo sulle necessità dei giovani anziché dei sempre più numerosi pensionati; si tratta di riorganizzare il sistema di formazione scolastica avendo cura di premiare l'eccellenza (perché prima o poi così facendo si avrà una ricaduta positiva sulla collettività in termini di ricchezza, benessere e miglioramento della qualità ambientale); si tratta di recuperare l'enorme e scandalosa evasione fiscale stringendo un nuovo patto con i cittadini che sposti progressivamente le tasse sulla rendita sgravando i redditi da lavoro (non importa se dipendente, autonomo, artigiano o da intrapresa).
Naturalmente l'impresa è ciclopica, soprattutto perché deve essere praticata in un Paese che ha un debito pubblico pari a quasi il 120% della ricchezza prodotta in un anno; in altre parole un Paese che ha vissuto negli ultimi 30/40 anni sistematicamente al di sopra delle proprie possibilità, sperperando preziose risorse in mille rivoli, spesso premiando i furbi ed abbandonando al loro destino i più deboli ed i giovani.
Mi rendo conto delle enormi difficoltà ma il PD in questo momento è troppo pavido.
Per questo è colto dalla maggior parte degli italiani come un partito conservatore, che difende solamente i dipendenti pubblici, che ha una classe dirigente obsoleta, che combatte la ricchezza invece che la povertà
Piaccia oppure no questa è l'immagine diffusa del PD.
Ecco che quindi è urgente dire quale è il nostro programma ma anche dire che cosa non vogliamo più.
Che “pubblico è bello” solo se è efficiente e facilita la vita dei cittadini.
Che il precariato scolastico è un problema ma che la qualità formativa è un problema ancora più grande perché c'è di mezzo il futuro della Nazione.
Che la qualità della vita degli anziani e le loro pensioni vanno salvaguardate ma che i genitori ed i nonni farebbero qualunque sacrificio per garantire il futuro dei loro figli e nipoti.
Che i diritti sul lavoro sono sacrosanti ma che se manca il lavoro non ci sono più nemmeno i diritti di cittadinanza
Che la sicurezza ed il merito sono valori anche di “sinistra” perché microcriminalità e immobilismo sociale hanno effetti devastanti più sui poveri e deboli che non sui ricchi.
Che l'immigrazione è un fenomeno storico irreversibile e ricco di premesse positive, ma che l'illegalità e l'irregolarità diffuse ostacolano anziché favorire i processi di integrazione ed inclusione.

Il PD a mio modo di vedere deve imparare a ragionare sempre come partito di governo (ecco la famosa “opzione maggioritaria”) non di sola opposizione (questa funzione lasciamola volentieri a Di Pietro e Ferrero), cosciente che i problemi della modernità non si risolvono con ideologie neo-liberiste o individualiste.

Il PD deve dimostrarsi alternativa politica valida ed affidabile non tanto per vincere le elezioni quanto per provare a dare a questo Paese un domani migliore del passato e del presente.

Concludo con una citazione di Buckminster Fuller che mi sembra riassumere quanto sopra esposto:

“Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta “.

Avete pensieri, riflessioni, provocazioni? Su temi locali e nazionali? Questo nuovo spazio del Blog è per voi. Scriveteci e pubblicheremo il vostro scritto (ovviamente dopo un vaglio redazionale, astenersi insulti e lazzi) , facendovi da MEGAFONO.  

1 commento:

bruno apolloni ha detto...

Beato quel paese che non ha bisogno di eroismi, ma neanche di certi conformismi.

Mi ritrovo in molte delle affermazioni di questo articolo, ma in altre vedo la deriva populista del momento.

Quando viene scritto "Si tratta in altre parole di rivoltare come un calzino il nostro sistema di protezione sociale (welfare state) rimodellandolo sulle necessità dei giovani anziché dei sempre più numerosi pensionati; " capisco che chi scrive è, o si sente, ancora giovane e magari anche in credito con la vita. Cito a memoria una parte del discorso di Landini di Sabato scorso, laddove dice che "ci fanno ridere quelli che pensano di risolvere il problema del lavoro facendo credere che sia un conflitto tra giovani ed anziani". Francamente penso che sia una grave involuzione vedere questi ultimi come un ostacolo allo sviluppo dei primi. Altra cosa è chiedere il rinnovo della classe dirigente o meglio di fare posto all'emergere dei giovani. Insomma non credo che ci riconosciamo nella tradizione eschimese di lasciare il vecchietto (magari di 50 anni, attenzione!) a morire sul ghiacciaio perché oramai è di peso alla famiglia. Una sorta di shoah per età piuttosto che per razza. E, guardate, nei fatti non c'è molta differenza tra questo scenario e quello evocato dalla frase dell'articolo.
Altra frase che non condivido è la trita esaltazione della ricerca di eccellenza nella scuola. La dice anche Bossi, e il Trota ne è l'incarnazione. Credo che la missione della scuola sia ben diversa, ovvero scoprire l'eccellenza che c'è in ognuno dei suoi allievi. Se no, anche qui, che facciamo gli eccellenti da una parte e un'altra shoah per i minus habens?
State a sentire un vecchietto: la rivoluzione sta proprio nel pensare una società "di sinistra" dove ogni uomo, anche il delinquente, è un cittadino di cui farsi carico ed altresì una risorsa preziosa. Si tratta di una società altamente efficiente, che non spreca nessuna delle sue risorse. Si tratta della caratteristica principale che ci ha permesso nel tempo di differenziarci da un comune branco di animali.


Bruno Apolloni