martedì 13 maggio 2014

Le nostre dieci domande: le risposte di Mercedes Bresso

Verso le Europee: il Pd di Cernusco porta in primo piano i temi dell'Europa, inviando 10 domande ai candidati della nostra circoscrizione, discutendone in piazza e in una serata di approfondimento. Perché «avvicinare l’Europa» a casa delle persone si può. Ecco le risposte di Mercedes Bresso



1. Quale istituzione europea va rafforzata e quale indebolita?


Credo che la priorità sia riequilibrare il rapporto tra le istituzioni, più che rafforzarle o indebolirle. Penso soprattutto alla Commissione, che sotto la guida di Barroso ha progressivamente abbandonato la sua indipendenza e la sua vocazione politica, appiattendosi sempre più sulle posizioni espresse dal Consiglio, fino a diventarne quasi una mera esecutrice. Nel momento in cui la Commissione Barroso ha sposato acriticamente le politiche di sola austerity espresse da un Consiglio dominato dalla Germania, abbiamo avuto un’Europa germano-centrica che, in nome del pareggio di bilancio, ha perso di vista il benessere dei cittadini. Ma è altrettanto importante sottolineare che in questi anni sono stati i conservatori a dettare la linea, tanto nel Consiglio quanto nella Commissione. Credo che col nostro candidato, ovvero Martin Schulz del Pse, la Commissione potrà recuperare la sua pro positività e la sua necessaria autonomia rispetto alle decisioni del Consiglio e dunque dei singoli stati membri.



  1. Cosa può fare l'Europa per sostenere l'economia europea?



Il sostegno all’economia oggi passa necessariamente attraverso il sostegno ai cittadini, e in Italia questo è più evidente che altrove: se i cittadini non recuperano potere d’acquisto, se i consumi non riprendono impulso, la stagnazione è destinata a proseguire. Credo sia fuori discussione che è da qui che bisogna ripartire, poi ognuno propone la sua ricetta. Per noi, la ripresa passa attraverso la reindustrializzazione, le politiche per il lavoro e l’introduzione di un reddito minimo europeo.



  1. Quali politiche di immigrazione europee?

Questa è una domanda di scottante attualità, visti gli eventi ai quali abbiamo assistito in Italia nelle ultime settimane. Credo che l’Europa debba adottare, una volta per tutte, una politica che sia realmente comunitaria e che non scarichi sui paesi della fascia mediterranea l’onere di gestire i flussi migratori. Per far questo è assolutamente necessaria una revisione degli accordi di Dublino, che sanciscono che i migranti debbano chiedere asilo nei paesi di primo approdo; ovvero, quasi sempre, in Italia o in Grecia. Paesi in cui pochissimi di loro, per inciso, ambiscono a vivere. Per la maggior parte dei migranti, infatti, l’Italia rappresenta una stazione di transito per raggiungere il nord Europa: che ciascuno si assuma le proprie responsabilità, dunque. Questo, sia chiaro, non deve tradursi, da parte nostra, in una stigmatizzazione dei fenomeni migratori: l’Italia è un paese a invecchiamento progressivo, e i migranti oggi riescono a equilibrare i processi demografici. Ma anche l’immigrazione deve essere economicamente e socialmente sostenibile, e ammassare migliaia di richiedenti asilo in Italia e in Grecia danneggia loro quanto noi.



  1. Quali proposte per Il rafforzamento politico dell'europa?
  2. politico Si tratta di uno degli aspetti che dovranno essere affrontati nella prossima legislatura. è evidente che servano riforme che consentano all'UE di sfruttare le sue grandi potenzialità. Sarà necessario riprendere il cammino verso una maggiore integrazione europea, nel senso di una condivisione di poteri. Contrariamente al sentire di molti, la scelta di condividere le competenze in determinati settori, come la politica economica, fiscale e monetaria, ma anche la politica estera e di difesa, l'immigrazione, le politiche del lavoro, con gli altri paesi europei rappresenta un'opportunità di riconquistare sovranità, anzichè perderla. Nel mondo contemporaneo, globalizzato e interconesso come non mai, un singolo paese di dimensioni e potenzialità limitate non potrebbe ritagliarsi uno spazio da protagonista confrontandosi con giganti come USA, Cina o Brasile. è per questo che solo attraverso l'Europa saremo in grado di confrontarci da pari con i paesi più potenti e al tempo stesso riusciremo ad affrontare problemi globali che da soli non saremo in grado di superare, come la crisi economica, la concorrenza sui mercati mondiali, ma anche urgenze sociali come la gestione dei flussi migratori o la tutela dell'ambiente. Serviranno quindi un maggiore peso politico del Parlamento, un bilancio europeo rafforzato con entrate fiscali proprie, possibilmente un vero ministro del tesoro europeo. In politica estera e di difesa dovremo finalmente ripartire con l'integrazione delle nostre difese, ormai inadeguate e fuori tempo (abbiamo troppi soldati e poca tecnologia, troppi eserciti e poca integrazione). L'obiettivo finale sarà quindi quello degli Stati Uniti d'Europa, da costruire pezzo per pezzo a partire dal 26 maggio.



  1. La PAC (Politica Agricola Comunitaria) assorbe circa il 40% delle risorse Europee. Come pensi debba evolvere in quantità e modello di intervento?



La PAC è una delle linee principali di intervento dell'UE. Ritengo utile per i prossimi anni un riequilibrio tra pac e fondo di sviluppo rurale, al fine di omogeneizzare tutte le iniziative a favore dell'area agricola. La politica agricola comunitaria deve inserire la qualità dei prodotti all'interno delle proprie linee di azione, aspetto fondamentale per il nostro paese. Sulla qualità dobbiamo essere protagonisti, perché il rischio che l'agricoltura di altri paesi ne condizioni il risultato. 



  1. I fondi strutturali e di coesione sono stati lo strumento con cui l'Europa ha cercato di elquiparare la situazione economica dei diversi paesi europei (Circa 35% delle risorse). Come pensi che debbano essere utilizzati questi fondi e in che modo potrebbero beneficiare l'Italia?



Nell ultima programmazione (2007-2013) l'Italia ha restituito buona parte dei fondi europei non essendo stata in grado di spenderli. Questo è dovuto a una mancanza di programmazione e di concentrazione di risorse. Spesso i fondi sono stati utilizzati per sponsorizzare piccoli progetti inutili senza un ottica di sistema o a volte in ottiche clientelari. L'Italia con la nuova programmazione dovrebbe concentrare ed investire risorse su quattro assi prioritari senza parcellizzazione e frammentazione di risorse: infrastrutture, occupazione, nuove tecnologie e privilegiare un economia verde. I fondi strutturali sono strumenti indispensabili per lo sviluppo, servono programmazione a medio-lungo termine e competenze per poterne approfittare al meglio. 7



  1. Quale politica estera dovrebbe avere l'Europa?



Data l’ampiezza del tema, credo che in questa sede si possa parlare di linee guida più che di una politica definita, la quale ultima muta necessariamente al mutare delle condizioni politiche negli stati con i quali interagiamo. In generale, come tutto il Pse, credo in una politica estera che sia improntata alla cooperazione;che non pretenda, dunque, di imporre un modello agli stati terzi, ma che ne favorisca i processi di riforma e di democratizzazione, laddove questi siano in corso e siano necessari. Fa sempre bene ricordare che i diritti e la giustizia sociale sono la miglior garanzia di pace e prosperità per ogni popolo. Per questo, il Pse crede fermamente nel sostegno alle lotte che i popoli del medio Oriente e del nord Africa stanno conducendo per conquistare diritti e democrazia





  1. Come allargare il concetto e la buona prassi di Erasmus Universitario ad altre aree?

Possiamo dire che questo Programma è uno dei fiori all'occhiello dei programmi europei ed il vero strumento di integrazione dell’Unione Europea. Questo Programma e già esteso a paesi terzi, intesi come quelli non facenti parte dell’Unione Europea. Perché questo programma possa essere realmente esteso a paesi non UE bisognerebbe aumentare da una parte gli importi delle borse che vengono date agli studenti, in particolar modo se vengono da paesi in via di sviluppo, e dall'altra aumentare la competitività e attrattività delle nostre università per attirare studenti anche dai paesi BRICS.



  1. Come fare innamorare gli Italiani dell'Europa?



Credo che bisogni ripartire dalle origini del progetto europeo, da quel bisogno di superare i nazionalismi che avevano portato i nostri popoli al massacro in due guerre mondiali. Negli ultimi anni l’Europa è andata trasformandosi in una severa matrigna, che per far quadrare i conti ha imposto sacrifici pesantissimi ai suoi figli: si è ecceduto in burocrazia, perdendo totalmente di vista l’economia reale e dunque il benessere dei cittadini. Ma ribadisco che, come in ogni istituzione, anche a Bruxelles esistono vertici e maggioranze politiche, e in tutti gli anni della crisi sono stati i conservatori a dettare la linea. Per quanto riguarda il caso italiano, a questa situazione si è andata sommando una crescente incertezza politica del nostro paese, che si è tradotta infine in una perdita di credibilità e di mordente a livello europeo. Così, alla fine, l’austerity, il dominio della Germania e una progressiva perdita di credito politico hanno portato gli Italiani a nutrire una certa sfiducia verso l’Europa, che ha lasciato ampio spazio ai movimenti populisti. Non è scritto da nessuna parte, però, che debbiamo ricoprire un ruolo gregario all’interno dell’Ue, dipende solo da noi. E in questo senso, con il governo Renzi, le cose hanno già iniziato a muoversi: basta guardare i dati sullo spread o sugli investimenti. Credo che Renzi stia già facendo molto per restituire fiducia agli italiani quanto all’Europa: e col tempo questo si tradurrà in una maggiore fiducia dei nostri concittadini verso l’Unione



  1. Che giudizio dai dell'unione monetaria?



Credo che in Italia tutta la retorica anti-euro si regga su un’enorme equivoco di fondo, che tende a confondere le cause con gli effetti. Non è stato l’euro a determinare la nostra attuale posizione all’interno dell’unione monetaria, ma anni di politiche economiche incoscienti e poco lungimiranti. Quando l’Italia è entrata nell’Unione monetaria, la nostra economia già risentiva di oltre un decennio di manovre economiche che hanno giocato la nostra competitività esclusivamente sulle svalutazione cicliche e dunque sulla corsa al ribasso nel costo del lavoro. E, per inciso, è buffo constatare come quasi tutti i detrattori dell’euro auspichino il ritorno a un’economia di questo tipo, che ha generato gran parte del debito che oggi paghiamo. L’euro, in realtà, ha semplicemente messo in luce fragilità economiche che in Italia iniziavano ad essere comunque evidenti. Ma se ne fossimo rimasti fuori, le cose sarebbero andate anche peggio.  Resta da capire se dietro questo equivoco ci sia ingenuità o malafede: perché l’euro, in questi anni di crisi, ci ha anche protetto. E se oggi ne uscissimo, l’inflazione e la svalutazione porterebbero al massacro la nostra economia, molto prima che le esportazioni potessero ripartire, come il fronte del no-euro auspica: costoro, infatti, sembrammo dimenticare che l’Italia è un paese trasformatore, ed ha bisogno di importare materie prime per poter produrre ed esportare merci. E forse non si rendono conto che il crescere dell’inflazione farebbe schizzare alle stelle il prezzo di quelle importazioni, col risultato di deprimere ulteriormente la produzione. E questa è solo una piccola parte dell’incubo economico che ci troveremmo a vivere


Nessun commento: