Verso le Europee: il Pd di Cernusco porta in primo piano i temi
dell'Europa, inviando 10 domande ai candidati della nostra
circoscrizione, discutendone in piazza e in una serata di
approfondimento. Perché «avvicinare l’Europa» a casa delle persone si
può. Ecco le risposte di Mercedes Bresso
1. Quale istituzione europea va rafforzata e quale indebolita?
Credo
che la priorità sia riequilibrare il rapporto tra le istituzioni,
più che rafforzarle o indebolirle. Penso soprattutto alla
Commissione, che sotto la guida di Barroso ha progressivamente
abbandonato la sua indipendenza e la sua vocazione politica,
appiattendosi sempre più sulle posizioni espresse dal Consiglio,
fino a diventarne quasi una mera esecutrice. Nel momento in cui la
Commissione Barroso ha sposato acriticamente le politiche di sola
austerity espresse da un Consiglio dominato dalla Germania, abbiamo
avuto un’Europa germano-centrica che, in nome del pareggio di
bilancio, ha perso di vista il benessere dei cittadini. Ma è
altrettanto importante sottolineare che in questi anni sono stati i
conservatori a dettare la linea, tanto nel Consiglio quanto nella
Commissione. Credo che col nostro candidato, ovvero Martin Schulz del
Pse, la Commissione potrà recuperare la sua pro positività e la sua
necessaria autonomia rispetto alle decisioni del Consiglio e dunque
dei singoli stati membri.
- Cosa può fare l'Europa per sostenere l'economia europea?
Il
sostegno all’economia oggi passa necessariamente attraverso il
sostegno ai cittadini, e in Italia questo è più evidente che
altrove: se i cittadini non recuperano potere d’acquisto, se i
consumi non riprendono impulso, la stagnazione è destinata a
proseguire. Credo sia fuori discussione che è da qui che bisogna
ripartire, poi ognuno propone la sua ricetta. Per noi, la ripresa
passa attraverso la reindustrializzazione, le politiche per il lavoro
e l’introduzione di un reddito minimo europeo.
- Quali politiche di immigrazione europee?
Questa
è una domanda di scottante attualità, visti gli eventi ai quali
abbiamo assistito in Italia nelle ultime settimane. Credo che
l’Europa debba adottare, una volta per tutte, una politica che sia
realmente comunitaria e che non scarichi sui paesi della fascia
mediterranea l’onere di gestire i flussi migratori. Per far questo
è assolutamente necessaria una revisione degli accordi di Dublino,
che sanciscono che i migranti debbano chiedere asilo nei paesi di
primo approdo; ovvero, quasi sempre, in Italia o in Grecia. Paesi in
cui pochissimi di loro, per inciso, ambiscono a vivere. Per la
maggior parte dei migranti, infatti, l’Italia rappresenta una
stazione di transito per raggiungere il nord Europa: che ciascuno si
assuma le proprie responsabilità, dunque. Questo, sia chiaro, non
deve tradursi, da parte nostra, in una stigmatizzazione dei fenomeni
migratori: l’Italia è un paese a invecchiamento progressivo, e i
migranti oggi riescono a equilibrare i processi demografici. Ma anche
l’immigrazione deve essere economicamente e socialmente
sostenibile, e ammassare migliaia di richiedenti asilo in Italia e in
Grecia danneggia loro quanto noi.
- Quali proposte per Il rafforzamento politico dell'europa?
- politico Si tratta di uno degli aspetti che dovranno essere affrontati nella prossima legislatura. è evidente che servano riforme che consentano all'UE di sfruttare le sue grandi potenzialità. Sarà necessario riprendere il cammino verso una maggiore integrazione europea, nel senso di una condivisione di poteri. Contrariamente al sentire di molti, la scelta di condividere le competenze in determinati settori, come la politica economica, fiscale e monetaria, ma anche la politica estera e di difesa, l'immigrazione, le politiche del lavoro, con gli altri paesi europei rappresenta un'opportunità di riconquistare sovranità, anzichè perderla. Nel mondo contemporaneo, globalizzato e interconesso come non mai, un singolo paese di dimensioni e potenzialità limitate non potrebbe ritagliarsi uno spazio da protagonista confrontandosi con giganti come USA, Cina o Brasile. è per questo che solo attraverso l'Europa saremo in grado di confrontarci da pari con i paesi più potenti e al tempo stesso riusciremo ad affrontare problemi globali che da soli non saremo in grado di superare, come la crisi economica, la concorrenza sui mercati mondiali, ma anche urgenze sociali come la gestione dei flussi migratori o la tutela dell'ambiente. Serviranno quindi un maggiore peso politico del Parlamento, un bilancio europeo rafforzato con entrate fiscali proprie, possibilmente un vero ministro del tesoro europeo. In politica estera e di difesa dovremo finalmente ripartire con l'integrazione delle nostre difese, ormai inadeguate e fuori tempo (abbiamo troppi soldati e poca tecnologia, troppi eserciti e poca integrazione). L'obiettivo finale sarà quindi quello degli Stati Uniti d'Europa, da costruire pezzo per pezzo a partire dal 26 maggio.
- La PAC (Politica Agricola Comunitaria) assorbe circa il 40% delle risorse Europee. Come pensi debba evolvere in quantità e modello di intervento?
La
PAC è una delle linee principali di intervento dell'UE. Ritengo
utile per i prossimi anni un riequilibrio tra pac e fondo di sviluppo
rurale, al fine di omogeneizzare tutte le iniziative a favore
dell'area agricola. La politica agricola comunitaria deve inserire la
qualità dei prodotti all'interno delle proprie linee di azione,
aspetto fondamentale per il nostro paese. Sulla qualità dobbiamo
essere protagonisti, perché il rischio che l'agricoltura di altri
paesi ne condizioni il risultato.
- I fondi strutturali e di coesione sono stati lo strumento con cui l'Europa ha cercato di elquiparare la situazione economica dei diversi paesi europei (Circa 35% delle risorse). Come pensi che debbano essere utilizzati questi fondi e in che modo potrebbero beneficiare l'Italia?
Nell
ultima programmazione (2007-2013) l'Italia ha restituito buona parte
dei fondi europei non essendo stata in grado di spenderli. Questo è
dovuto a una mancanza di programmazione e di concentrazione di
risorse. Spesso i fondi sono stati utilizzati per sponsorizzare
piccoli progetti inutili senza un ottica di sistema o a volte in
ottiche clientelari. L'Italia con la nuova programmazione dovrebbe
concentrare ed investire risorse su quattro assi prioritari senza
parcellizzazione e frammentazione di risorse: infrastrutture,
occupazione, nuove tecnologie e privilegiare un economia verde. I
fondi strutturali sono strumenti indispensabili per lo sviluppo,
servono programmazione a medio-lungo termine e competenze per poterne
approfittare al meglio. 7
- Quale politica estera dovrebbe avere l'Europa?
Data
l’ampiezza del tema, credo che in questa sede si possa parlare di
linee guida più che di una politica definita, la quale ultima muta
necessariamente al mutare delle condizioni politiche negli stati con
i quali interagiamo. In generale, come tutto il Pse, credo in una
politica estera che sia improntata alla cooperazione;che non
pretenda, dunque, di imporre un modello agli stati terzi, ma che ne
favorisca i processi di riforma e di democratizzazione, laddove
questi siano in corso e siano necessari. Fa sempre bene ricordare che
i diritti e la giustizia sociale sono la miglior garanzia di pace e
prosperità per ogni popolo. Per questo, il Pse crede fermamente nel
sostegno alle lotte che i popoli del medio Oriente e del nord Africa
stanno conducendo per conquistare diritti e democrazia
- Come allargare il concetto e la buona prassi di Erasmus Universitario ad altre aree?
Possiamo
dire che questo Programma è uno dei fiori all'occhiello dei
programmi europei ed il vero strumento di integrazione dell’Unione
Europea. Questo Programma e già esteso a paesi terzi, intesi come
quelli non facenti parte dell’Unione Europea. Perché questo
programma possa essere realmente esteso a paesi non UE bisognerebbe
aumentare da una parte gli importi delle borse che vengono date agli
studenti, in particolar modo se vengono da paesi in via di sviluppo,
e dall'altra aumentare la competitività e attrattività delle nostre
università per attirare studenti anche dai paesi BRICS.
- Come fare innamorare gli Italiani dell'Europa?
Credo
che bisogni ripartire dalle origini del progetto europeo, da quel
bisogno di superare i nazionalismi che avevano portato i nostri
popoli al massacro in due guerre mondiali. Negli ultimi anni l’Europa
è andata trasformandosi in una severa matrigna, che per far quadrare
i conti ha imposto sacrifici pesantissimi ai suoi figli: si è
ecceduto in burocrazia, perdendo totalmente di vista l’economia
reale e dunque il benessere dei cittadini. Ma ribadisco che, come in
ogni istituzione, anche a Bruxelles esistono vertici e maggioranze
politiche, e in tutti gli anni della crisi sono stati i conservatori
a dettare la linea. Per quanto riguarda il caso italiano, a questa
situazione si è andata sommando una crescente incertezza politica
del nostro paese, che si è tradotta infine in una perdita di
credibilità e di mordente a livello europeo. Così, alla fine,
l’austerity, il dominio della Germania e una progressiva perdita di
credito politico hanno portato gli Italiani a nutrire una certa
sfiducia verso l’Europa, che ha lasciato ampio spazio ai movimenti
populisti. Non è scritto da nessuna parte, però, che debbiamo
ricoprire un ruolo gregario all’interno dell’Ue, dipende solo da
noi. E in questo senso, con il governo Renzi, le cose hanno già
iniziato a muoversi: basta guardare i dati sullo spread o sugli
investimenti. Credo che Renzi stia già facendo molto per restituire
fiducia agli italiani quanto all’Europa: e col tempo questo si
tradurrà in una maggiore fiducia dei nostri concittadini verso
l’Unione
- Che giudizio dai dell'unione monetaria?
Credo
che in Italia tutta la retorica anti-euro si regga su un’enorme
equivoco di fondo, che tende a confondere le cause con gli effetti.
Non è stato l’euro a determinare la nostra attuale posizione
all’interno dell’unione monetaria, ma anni di politiche
economiche incoscienti e poco lungimiranti. Quando l’Italia è
entrata nell’Unione monetaria, la nostra economia già risentiva di
oltre un decennio di manovre economiche che hanno giocato la nostra
competitività esclusivamente sulle svalutazione cicliche e dunque
sulla corsa al ribasso nel costo del lavoro. E, per inciso, è buffo
constatare come quasi tutti i detrattori dell’euro auspichino il
ritorno a un’economia di questo tipo, che ha generato gran parte
del debito che oggi paghiamo. L’euro, in realtà, ha semplicemente
messo in luce fragilità economiche che in Italia iniziavano ad
essere comunque evidenti. Ma se ne fossimo rimasti fuori, le cose
sarebbero andate anche peggio. Resta da capire se dietro questo
equivoco ci sia ingenuità o malafede: perché l’euro, in questi
anni di crisi, ci ha anche protetto. E se oggi ne uscissimo,
l’inflazione e la svalutazione porterebbero al massacro la nostra
economia, molto prima che le esportazioni potessero ripartire, come
il fronte del no-euro auspica: costoro, infatti, sembrammo
dimenticare che l’Italia è un paese trasformatore, ed ha bisogno
di importare materie prime per poter produrre ed esportare merci. E
forse non si rendono conto che il crescere dell’inflazione farebbe
schizzare alle stelle il prezzo di quelle importazioni, col risultato
di deprimere ulteriormente la produzione. E questa è solo una
piccola parte dell’incubo economico che ci troveremmo a vivere
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