In queste settimane di
campagna elettorale mi capita spesso di incontrare persone che mi
dicono che non andranno a votare. Certo, queste persone hanno ragioni
da vendere davanti ad una situazione, a dir poco, drammatica, come
l’attuale.
Siamo di fronte ad una
crisi strutturale mai vista: mancanza di lavoro, disoccupazione alle
stelle, mancanza di finanziamenti per i servizi pubblici e, ogni
giorno, si scoprono vere e proprie ruberie da parte di amministratori
e politici corrotti, ma anche amministratori e politici che si sono
fatti prendere la mano e “si sono adeguati”, in più
bombardamenti televisivi e mediatici fuori dal comune stanno facendo
il resto. La guerra moderna si fa attraverso la televisione e la TV,
se la si usa bene, è un servizio positivo, ma se se ne approfitta,
diventa uno strumento diabolico fatto apposta per confondere le
persone che non hanno strumenti di autodifesa se non quel briciolo di
buon senso e cultura personale.
Ma qual’è il punto?
“Non voglio più votare perché sono tutti ladri e imbroglioni, ci
raccontano frottole e ci fanno credere di essere i nostri
benefattori”. Attualmente ci troviamo nel classico periodo delle
“vacche magre” e quando mancano i soldi e manca il lavoro per
acquisire una certa dignità, saltano tutti gli equilibri personali e
familiari. Un appello quindi a tutti perché, pur in questo momento
difficile, decidano di andare a votare: persone sagge e intelligenti
li troviamo in tutti gli schieramenti politici.
Del resto, per quanti
decenni (diciamo così) ci è andata bene!
Negli anni ’50 abbiamo
ripreso la costruzione dell’Italia del dopoguerra;
negli anni ’60 sono
state decise le riforme del lavoro, delle pensioni e quelle sanitarie
che hanno favorito la costruzione di una società moderna;
negli anni ’70 e ’80
abbiamo continuato, pur con difficoltà, su questa strada;
negli anni ’90 e 2000,
arricchiti economicamente, abbiamo perso il senso della misura e
abbiamo incominciato a farci gli affari nostri e lasciare che i
politici facessero i loro interessi e non siamo intervenuti perché
troppo impegnati nelle nostre cose. Abbiamo abbandonato una visione
solidaristica della vita e la partecipazione alla gestione della cosa
pubblica perché “la politica è una cosa sporca”.
Invece per salvare la
nostra società, dovremmo invertire la rotta: fermarci, riflettere e
decidere di partecipare alla gestione della cosa pubblica con
controlli personali e associativi, nel fare proposte per non lasciare
soli i politici. Ricordando che, se oggi abbiamo pensioni adeguate, è
grazie ai sindacati che, allora erano uniti e che, negli anni ’60,
hanno fatto battaglie in tal senso, nonostante i pesanti giudizi che
tutt’ora vengono espressi su quegli anni ‘60; se oggi abbiamo un
servizio sanitario nazionale è perché allora ci furono politici
illuminati. E’ troppo comodo in momenti di crisi prendersela con i
sindacati, che pur devono fare molti “mea culpa”, prendersela con
i partiti, che anche loro si devono “convertire”.
Incominciamo pertanto
“tutti insieme” un viaggio a ritroso, decidendo in primo luogo di
andare a votare perché è un “dovere civico” e non, come si usa
dire,”turandosi il naso” e continuare sulla strada della
responsabilità, perché la democrazia è anche frutto dell’apporto
di ogni singolo cittadino.
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